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Smart working o home working?

Smart working probabilmente è l’espressione più ricercata in Google in questo ultimo anno, mai se ne è parlato così diffusamente! È sulla bocca di tutti…Ma cosa si intende per smart working?

La definizione “smart working” è sinonimo di “lavoro agile”. Occorre sottolineare che nonostante il carattere anglofono in realtà è una espressione tutta italiana. Nel resto del mondo non si parla di smart working quanto di “home working” o “remote working”.  Inoltre, è bene ricordare che smart working non è sinonimo di telelavoro  o “teleworking”.

Il lavoro agile in Italia è regolamentato dalla legge n. 81/2017 che, come suggerisce il titolo, introduce “Misure … volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.

Si tratta di una favolosa misura di flessibilità.

In particolare nell’art 18 il lavoro agile è definito una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi. È esplicitato che riguarda sia il settore privato che il pubblico.

Il lavoro agile, quindi, è una forma di organizzazione flessibile dell’attività lavorativa che deve rispettare certe caratteristiche e tendere a certi obiettivi:

  • Richiede un accordo tra le parti
  • È una attività svolta in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza postazione fissa
  • Richiede una revisione dei modelli organizzativi: organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza  precisi vincoli di orario e luogo di lavoro e con la possibilità di utilizzare strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa
  • Definisce il diritto del lavoratore alla disconnessione, all’apprendimento, alla salute e sicurezza, alla retribuzione negli stessi termini
  • Motivazione principale: efficientare l’attività lavorativa, incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei lavoratori.

Si tratta di una vera rivoluzione copernicana nell’organizzazione aziendale se si considera che questo approccio intende mettere al centro la persona e le riconosce flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione dei risultati, nonché della motivazione, e che favoriscono il suo benessere e il senso di appartenenza.

Dal lavoratore a tempo al lavoratore a risultato…vi sembra cosa da poco?

Ma come stanno le cose in Italia oggi, in piena emergenza sanitaria?

È opportuno ricordare in premessa che il “lavoro agile” è stato riconosciuto e regolamentato ben prima del periodo emergenziale, per altro impossibile da prevedere. Quindi non dovrebbe essere considerato uno strumento di lavoro da attuare solamente in casi eccezionali, ma costituisce una modalità di lavoro equiparabile a quella svolta da chi si reca in ufficio.

Alcuni dati dall’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano:

  • Nel 2019 gli smart workers erano 570.000 (+ 20% rispetto 2018), prima  riguardava non più del 16% dei lavoratori
  • Le grandi imprese che avevano adottato forme di smart working (a 1 o max 2 giorni la settimana) erano il 58% dei casi; le PMI il 12%, le PA il 16%
  • A marzo 2020: 8,5 milioni di persone lavorano a  casa: Lavoro remoto, smart working, lavoro agile, 5 giorni su 5 fuori dall’ufficio
  • Nel periodo 2020-2021 si stima che i lavoratori interessati siano circa 6 milioni

Cosa resterà di questo approccio al lavoro dopo il periodo della pandemia?

Come riusciranno imprese e lavoratori a capitalizzare le potenzialità del lavoro agile?

Cosa stanno imparando da questo periodo di dura prova?

Possiamo concordare che la pandemia è stata un accelleratore della diffusione di uno Smart Working che sarebbe meglio chiamarlo Home Working: 5 giorni su 5 a casa senza accordi tra le parti.

Si tratta di una sperimentazione estrema e forzata di “lavoro da remoto” in cui il lavoratore non ha possibilità di scegliere il luogo in cui lavorare, bensì è di fatto vincolato a stare a casa.

Ecco di seguito i primo riscontri ottenuti intervistando migliaia di lavoratrici e lavoratori.

Ad oggi risulta che oltre il 60 % delle persone vorrebbero continuare il lavoro  remoto, di cui oltre il 75 % sono donne.

Criticità emerse:

  • Case piccole e presenza di bambini e famiglie numerose rendono critico il lavoro in casa
  • Difficoltà di separare lavoro e vita familiare
  • Difficoltà di mantenere la privacy
  • Reti e wifi insufficienti
  • Attrezzature tecnologiche inadeguate
  • Ergonomia inadeguata
  • Software di collaborazione e di comunicazione  inadeguati
  • Rischio di essere sempre connessi
  • Difficoltà di contenere l’orario di lavoro e sovraccarico di lavoro
  • Isolamento dei rapporti sociali al lavoro

Vantaggi dichiarati

  • Per i lavoratori si risparmiano tempo, fatica, spesa e rischi dei trasporti; potrebbe aumentare la possibilità di autoregolare tempi, luoghi e ritmi; si potrebbe ridurre la separatezza tra lavoro e vita migliorando sia le condizioni di lavoro che la gestione della vita familiare.
  • Per l’azienda si possono ridurre i costi fissi per edifici, postazioni di lavoro e servizi; costi di gestione; è possibile integrare i diversamente abili e le persone svantaggiate; si può diminuire o azzerare l’assenteismo; la produttività può aumentare fino al 20%; si può facilitare l’espansione geografica.
  • Per la collettività un adozione estensiva del lavoro remoto può ridurre il traffico, l’utilizzo dei trasporti pubblici; si può portare il lavoro anche nelle zone periferiche, isolate o depresse.

(fonte Federico Butera – Professore Emerito di Scienze dell’Organizzazione, Università di Milano Bicocca e Roma Sapienza – Presidente Fondazione Irso)

Una volta chiarite le potenzialità dello smart working è dunque opportuno soffermarsi sugli strumenti da utilizzare e le azioni da mettere in atto, soprattutto, perché la migliore tecnologia e digitalizzazione non può bypassare una necessaria evoluzione nel rapporto tra azienda e dipendente basato sulla fiducia.

La vera sfida sarà il passaggio da un sistema di controllo del lavoro a un contesto alla cui base vi sono i principi di libertà e autonomia, collaborazione e fiducia.

Tuttavia, lasciamo sullo sfondo questi aspetti che riguardano soprattutto la cultura organizzativa dell’impresa.

Ben più spinosa è la quotidiana gestione dei figli quando mamma e papà sono a casa in smart working.

Non dimentichiamo che è nello spirito della legge voler promuovere l’armonizzazione tra tempi di famiglia e tempi di lavoro del lavoratore.

Come è possibile nella realtà quotidiana?

Ne parleremo nel prossimo appuntamento.

Elisa Rivaben