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Quanto pesa il lavoro di cura sulla vita delle donne?

Un recente articolo che presenta i dati Eurostat porta questo significativo titolo: Le madri italiane hanno il primato della disoccupazione in Europa. Il binomio famiglia-lavoro rimane negativo per le donne mentre gli uomini risultano premiati nel lavoro dalla nascita dei figli.

https://www.open.online/2021/08/11/eurostat-occupazione-donne-figli-italia-ultima/

Infatti, una classifica pubblicata dall’Eurostat evidenzia come nel 2020 l’Italia goda di vari primati.

Sul fronte dell’occupazione femminile:

  • con il suo 49% l’Italia è al penultimo posto per tasso di occupazione femminile, solo la Grecia sta peggio (47,5%)
  • con il 57,3% di donne lavoratrici con figli, l’Italia si classifica ultima del continente, preceduta dalla Grecia (61.3%) e dalla Spagna (66.2%). Un trio di Paesi accomunati dunque da una triste realtà: meno di due terzi delle donne con figli risultano impiegate.

Quindi, nel 2020 in Italia tra le donne di età compresa tra i 15 e i 64 anni risultava al lavoro meno di una su due, numero lontanissimo dalla Germania che ha un tasso di occupazione del 73%, ben oltre la media UE che è del 68%. E tra le donne che lavoravano, complessivamente solo 1 su 4 ha figli.

Per gli uomini, nella stessa fascia di età, sempre nel 2020, in Italia il tasso di occupazione era pari al 67,2% fissandosi a 5,7 punti in meno rispetto alla media Ue (72,9%).

Si legge ancora che “le quote più alte di madri occupate, invece, si trovano in Slovenia con l’86,2 %, in Svezia con l’83,5 % e nei Paesi Bassi con l’80,7 %. Per i papà i luoghi migliori dove lavorare nell’Unione sono la Repubblica Ceca (96,5 %), Malta (95,7 %) e ancora la Slovenia (95 %)”. Non so se può rassicurare questa notizia! L’Eu Gender Equality Index ha sì visto l’Italia guadagnare 12 posizioni tra il 2005 e il 2017, ma il nostro rimane «l’ultimo Paese in termini di divari nel dominio del lavoro».

https://www.ilsole24ore.com/art/italia-ultima-nell-ue-il-divario-donne-e-uomini-lavoro-recovery-occasione-irripetibile/

Analizzando il divario occupazionale tra donne e uomini, secondo gli ultimi dati Istat, risulta che l’Italia vanta anche un altro primato:

  • con il suo 19,6 % è sul podio dietro Malta e Grecia parimerito (20%). La media UE è 11 punti percentuali di differenza tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile.

Non è una grande consolazione leggere che “anche se in misure ampiamente diverse, la disparità uomo-donna si registra in tutti i paesi membri. Tuttavia, ci sono alcuni contesti che si avvicinano alla parità, come quelli di Lettonia (3,8), Finlandia (2,7) e Lituania (1,6).

https://www.openpolis.it/il-divario-di-genere-nel-lavoro-e-gli-effetti-della-crisi-da-covid-19/)

Se poi le donne hanno figli, la situazione peggiora: l’11,1% delle madri con almeno un figlio non ha mai lavorato

https://valored.it/news/global-gender-gap-report-wef-2020

Per comprendere ancora meglio il peso del lavoro sulla vita delle donne, in particolare in Italia, è utile considerare un altro dato, cioè la percentuale di donne inattive per responsabilità familiari sul totale della popolazione femminile, non solo su quella inattiva.

  • L’Italia è il paese Ue n° 1 con più donne inattive per responsabilità di cura. Un dato che si è mantenuto stabile intorno al 12% dal 2009 al 2017, per poi aumentare gravemente negli ultimi due anni, fino al 15,6% nel 2019. Francia e Germania invece presentano entrambe quote ampiamente inferiori, sempre al di sotto della media UE di 8,70%.

Il vero corto circuito però sta nel fatto che il tasso di natalità è ai minimi storici: non solo le donne tendono a lasciare il lavoro dopo la nascita del primo figlio, ma il fatto di rimanere a casa non favorisce l’aumento delle culle.

In un report curato dall’Università degli Studi di Padova risulta che in Italia “nel 2020 sono infatti stati iscritti all’anagrafe per nascita 404.104 bambini, circa 16 mila in meno rispetto al 2019 e il calo della popolazione è stato reso ancora più consistente dall’aumento della mortalità, in parte legato proprio a Covid-19. Naturalmente nelle valutazioni sull’andamento delle nascite nel 2020 la pandemia può essere chiamata in causa solo parzialmente e solo nella parte finale dell’anno…se confrontiamo i primi cinque mesi del 2021 con lo stesso periodo dell’anno precedente notiamo (con qualche eccezione tra marzo e aprile, senza però un recupero complessivo) che il trend di diminuzione delle nascite continua. E l’Istat ha recentemente confermato che le stime per il 2021 portano a ritenere “altamente verosimile” una discesa delle nascite al di sotto della soglia delle 400 mila unità.

https://ilbolive.unipd.it/it/news/pandemia-calo-nascite-piu-marcato-dove-welfare

Un vero record negativo.

Ed è evidente la penalizzazione del femminile:  metà del capitale umano e di idee viene disperso, soprattutto nel momento in cui una donna sceglie la maternità.

Su queste problematiche il 14 maggio 2021 si sono incontrate per una riflessione comune Istituzioni, Associazioni, Imprese, Media e Sistema Bancario agli Stati Generali della Natalità, iniziativa promossa dal Forum delle Associazioni Familiari, dove sono intervenuti in un saluto all’inizio dei lavori Papa Francesco e il Presidente del Consiglio, Mario Draghi.